Avrete sicuramente spesso sentito parlare del feltro, noi di Filo&Fibra lo utilizziamo per molte delle nostre creazioni dalle cassette di cottura ai portabottiglie, oggi vogliamo raccontarvi la storia del feltro il suo uso e la lavorazione. Pronti?
Allora iniziamo questo viaggio nel feltro! Il feltro è una stoffa realizzata in pelo animale. Non è un tessuto, ma viene prodotto con l’infeltrimento delle fibre. Il materiale che lo compone comunemente è la lana cardata di pecora, ma si può utilizzare qualsiasi altro tipo di pelo come quello di lepre, coniglio, castoro, lontra, capra e cammello. Si caratterizza anche per essere caldo, leggero, ed impermeabile. Il feltro tradizionale è del colore dei peli usati, ma si può produrne di colorato utilizzando lana tinta in fiocco.
Storia del Feltro: uso e lavorazione
USI. È usato in molte industrie: cappelleria, sartotecnica, selleria, tappezzeria o nella fabbricazione della carta. Nelle costruzioni navali, strato di tessuto, fitto e catramato, disposto tra lo scafo e la fodera di rame o di zinco a coprire la parte immersa dello scafo delle navi in legno, per difenderla dalle brume; sono più comunemente impiegati, perché più economici, speciali fogli di cartone catramato.
LAVORAZIONE. Le fibre vengono bagnate con acqua calda, intrise di sapone e manipolate (battute, sfregate, pressate) fino a ottenerne, con processi meccanici e chimici, l’infeltrimento. La loro legatura è data dalla compenetrazione delle microscopiche squame corticali che rivestono la superficie dei peli. Il processo è progressivo e irreversibile.
LAVAGGIO. Il feltro risulta molto durevole da asciutto, ma quando viene bagnato è più delicato e bisogna trattarlo con cura. Se dovete eliminare una macchia dal feltro potete utilizzare del detersivo neutro e tamponare direttamente sulla macchia. È meglio eliminare la macchia agendo direttamente piuttosto che mettere in ammollo tutto il capo, perché c’è il rischio che si danneggi il colore. Nel caso in cui non si riuscisse a togliere direttamente la macchia, si può mettere a bagno il capo in feltro con l’aceto bianco (in proporzione una parte di aceto e due di acqua). È importante che l’acqua sia fredda e che il capo venga steso in posizione orizzontale.
STORIA DEL FELTRO
Le più antiche tracce di feltro risalgono al terzo millennio a.C., era usato dai Greci e dai Romani per la confezione di abiti, copricapi, mantelli. I ritrovamenti più antichi si hanno in Siberia, ugualmente si hanno importanti tracce di presenza di feltri preistorici in Turchia, ma non reperti.
Spesso si ritiene che sia il primo tessuto prodotto dall’uomo, senza tener conto del fatto che l’intreccio di fibre vegetali (reperibili in natura in forma filamentosa) sia probabilmente molto più antico della lavorazione della lana. Infatti la pecora, animale addomesticato già in epoca preistorica, presenta un vello composto sia da lana che da giarre, ovvero peli robusti ed ispidi che servono all’animale per proteggersi. La lana (peluria a vicino contatto con la pelle) in molti animali è una delle componenti del vello, non la principale.
Nel cammello o nella capra del Cachemire ad esempio la lana è presente in percentuale molto ridotta. Lo stesso avveniva nelle pecore. Animali che producevano grandi quantità di lana e scarse giarre esistevano già al tempo delle civiltà mesopotamiche, che classificavano le greggi in relazione alle diverse utilizzazioni. In epoca più antica è ritenuto che le pecore avessero un vello marroncino e molti peli ispidi a proteggerle dalla pioggia e dalle sterpaglie, al modo delle capre. La produzione laniera è un carattere indotto e stimolato dal lavoro di selezione ed allevamento. Per questo è improbabile che il feltro preceda gli intrecci di fibre vegetali.
Ogni popolo lo adattò alle sue esigenze, i Russi per confezionare i Valenki, i tipici stivali; i popoli nomadi dell’Asia centrale, che ne furono abili produttori, oltre che per il vestiario lo utilizzarono per ripararsi dalle intemperie. Le tende dei Mongoli, le yurte, sono costruite con un’intelaiatura di pali coperta da teli di feltro.
Il panno lenci è un tipo di feltro molto morbido, sottile e allegramente colorato brevettato dalla ditta Lenci (acronimo di “Ludus Est Nobis Costanter Industria”) di Torino nel 1922 per confezionare le omonime bambole, è ancora in commercio per piccoli lavori di hobbystica. Negli anni venti-trenta del Novecento, comunque, la più importante fabbrica italiana, e forse europea, di feltro è la Società Anonima Bonavita di Forlì. Per quello che riguarda il feltro di pelo di coniglio per la produzione di cappelli da uomo di pregio si distinse la Borsalino di Alessandria. L’Italia conquistò una indubbia posizione di prestigio, ora appannata mentre nel resto del mondo il feltro è materiale d’elezione per la creazione di cappelli.
Non va confuso con il panno (panno casentino, orbace, loden) che è un tessuto realizzato a telaio che viene follato per chiudere gli interstizi tra i fili, il feltro è un tessuto non tessuto.
Oggi vengono realizzati a mano oggetti in feltro, non solo cappelli ma anche borse, gioielli, rifiniture per abiti su seta, calzature, che con l’uso di colori e disegni di gusto moderno diventano capi di moda.
Il nome “Feltro” con il quale viene chiamato tale tipo di panno, deriva dalla città di Feltre municipio romano. Qui le lane delle pecore e delle capre delle quali la pastorizia locale era ricca venivano follate e commerciate specialmente nelle regioni del Nord dell’Impero Romano lungo la via Claudia Augusta Altinate. Negli scavi compiuti attorno agli anni ’60 del ‘900 davanti al Duomo di Feltre si sono trovate innumerevoli targhette in piombo che costituivano i contrassegni per il follo del quale i mercanti si servivano. Nel 1544, in seguito al crollo della facciata del Duomo, fu trovata una lapide romana dedicata a Caio Firmio Rufino procuratore dei “fabri” (carpentieri) “dendrofori” (che trasportavano il legno lungo i corsi d’acqua, oggi “zater”) e “Centonari” cioè artigiani che si occupavano della produzione dei “centoni” i panni feltrini appunto.
Nella leggenda l’invenzione del feltro viene attribuita a san Giacomo apostolo, fratello di san Giovanni evangelista. Il santo, che era un pescatore, mal sopportava le conseguenze dei lunghi spostamenti, che allora venivano fatti a piedi, richiesti dall’opera di predicazione. Per proteggere le piante dei piedi provò ad imbottire i sandali coi batuffoli di lana che le pecore, nel pascolare, lasciavano attaccati ai cespugli spinosi. Si accorse che lo strato di lana pressato dal suo peso e bagnato dal sudore si induriva e trasformava in una falda compatta. Da qui l’invenzione del feltro.
Le prime corporazioni di cappellai lo consideravano il loro protettore; nell’iconografia san Giacomo è rappresentato come un pellegrino che porta in testa un cappello a larghe tese, ovviamente di feltro, ornato con una conchiglia.
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